A dirlo il Rapporto “Verso il divieto di tenere i cani legati alla catena” realizzato da Green Impact, startup non lucrativa , in collaborazione con Save the Dogs and Other Animals
Sembra impossibile, ma legare un cane ad una catena, magari per tutta la durata della sua vita, oggi è ancora legale in gran parte d’Italia. Lo rivela il Rapporto “Verso il divieto di tenere i cani legati alla catena” (www.savethedogs.eu) realizzato da Green Impact, startup non lucrativa che promuove pratiche trasformative ecologiche ed economiche, in collaborazione con Save the Dogs and Other Animals, associazione italiana impegnata nella lotta al randagismo e nella tutela degli animali.
Il Rapporto, il primo di questo genere, passa in rassegna le normative regionali Italiane e quelle di numerosi Stati dell’Unione Europea ed extra-UE, individuando carenze legislative e modelli positivi.
In Italia purtroppo la situazione è frammentaria a seconda delle regioni per l’assenza di una legge nazionale; abbiamo 17 normative su 20 Regioni (Basilicata, Liguria e Sicilia non ne hanno alcuna) oltre che una pletora di norme di rango comunale. Per cui ci si può trovare in un territorio in cui la pratica di tenere un cane legato a un palo può costare caro mentre, a pochi metri da lì, è vietato ma non sanzionato o è vietato ma solo se la bestiola è legata per più di 12 ore o ancora, non c’è una riga al riguardo e la pratica non è per nulla inibita. Per esempio, l’Umbria e la Campania vietano chiaramente la detenzione dei cani a catena ma, nei fatti, la Campania non ha previsto sanzioni, rendendola norma sostanzialmente «monca». Lo studio «promuove» la Puglia che, con Abruzzo, Emilia-Romagna (che è stata la prima regione italiana nel 2013 ad aver vietato l’utilizzo della catena per i cani), Lombardia e Veneto hanno una propria normativa.
È spiegato che in Puglia, la legge 7 febbraio 2020 statuisce che «chiunque possegga o detenga cani è obbligato a garantire all’animale uno spazio di movimento idoneo. È vietato tenere i cani alla catena o applicare loro qualunque altro strumento di contenzione similare, salvo che per ragioni sanitarie certificate da un veterinario, con specificazione della diagnosi e della durata del trattamento, o per temporanee ragioni di sicurezza. È in ogni caso vietato agganciare la catena a collari a strozzo». Le sanzioni arrivano a 1.500 euro
Il documento è stato realizzato grazie ai preziosi contributi di esperti nel campo del diritto, dell’etologia e della veterinaria quali il Prof. Enrico Alleva, (etologo italiano), il Prof. Ádám Miklósi (etologo ungherese), la Prof.ssa Regina Binder (Università di Medicina Veterinaria, Austria), il Dott. Alexandre Barchiesi (Consiglio Svedese dell’Agricoltura, Dipartimento per la Salute e il Benessere degli Animali) e la Dott.ssa Heather Rally (medico veterinario USA).