Sotto tiro la la legge numero 39/2021 approvata dal consiglio regionale pugliese il 9 novembre 2021 che aumenta del 300 per cento l’indice di fabbricabilità
Il timore di ordini professionali, enti e associazioni che hanno promosso una petizione e inviato alla Regione l’istanza di revoca di quelle norme è spiegato dalle pagine della Gazzetta del Mezzogiorno: «Produrrebbero effetti negativi – sostengono – per consumo ed artificializzazione del suolo, aumentata pressione sulle condizioni ambientali, parcellizzazione delle unità produttive agricole, frammentazione del paesaggio, in discontinuità con i suoi valori identitari». Non solo: «Tali norme pregiudicherebbero, inoltre, la centralità della pianificazione consapevole e partecipata dei territori, che invece sosteniamo debba essere riaffermata, con strumenti previsti dalla legge regionale n. 20/2001, con gli indirizzi, criteri e orientamenti definiti dal Drag (il Documento regionale di assetto generale) per la formazione, il dimensionamento e il contenuto dei piani urbanistici generali (Pug), adeguati al Piano paesaggistico territoriale regionale, e in attuazione dello stesso».
I firmatari dell’«appello» sono: l’Inu, Istituto nazionale di urbanistica sezione Puglia, l’Ordine degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori di Brindisi e di Taranto, l’Ordine dei geologi di Puglia, Legambiente Puglia, Wwf Salento, e le sezioni Italia Nostra di Foggia, Canosa e Sud Salento. Ora attendono risposte da Michele Emiliano, dalla presidente del consiglio regionale Loredana Capone, dai consiglieri regionali e dall’assessore regionale a Pianificazione, Urbanistica, Ambiente e Paesaggio, Anna Grazia Maraschio.
Tante le insidie nascoste in particolare negli articoli 2, 4 e 5; a partire dall’innalzamento dell’indice di fabbricabilità nelle zone agricole: da 0,03 mc/mq a 0,1 mc/mq. Non una cosetta da nulla, in quanto corrisponde a un incremento di ben il 333%. Dunque più cemento e meno verde in una regione che già non brilla quanto ad antropizzazione e consumo di suolo.
Ricordiamo che dati Ispra alla mano rilevano «un continuo e significativo incremento delle superfici artificiali, con un aumento della densità del costruito a scapito delle aree agricole e naturali. Il consumo di suolo, il degrado del territorio e la perdita delle funzioni dei nostri ecosistemi continuano a un ritmo non sostenibile e, nell’ultimo anno, quasi due metri quadrati ogni secondo di aree agricole e naturali sono stati sostituiti da nuovi cantieri, edifici, infrastrutture. Nell’ultimo anno, le nuove coperture artificiali hanno riguardato altri 56,7 km2, ovvero, in media, più di 15 ettari al giorno. Un incremento che fa perdere al nostro Paese quasi 2 metri quadrati di suolo ogni secondo, causando la perdita di aree naturali e agricole».