Detenuti, volontari, giornalisti, amministratori, dirigenti assieme per educare alle pratiche teatrali e umane
E’ questo che un gruppo di detenuti, ha maturato frequentando il Laboratorio dell’Accademia mediterranea dell’attore diretta da Franco Ungaro. Il risultato complessivo, è una maturazione a tutto tondo.
Durante i mesi di attività, oltre che con i diplomati dell’Accademia (Veronica Mele, Lorenzo Paladini, Benedetta Pati, Carmen Ines Tarantino), gli aspiranti attori si sono misurati prima di tutto con se stessi. E solo per fare un esempio, il successo della meritoria iniziativa dell”Ama e dell’amministrazione carceraria (la direttrice Mariateresa Susca ed il responsabile dello staff educativo Fabio Zacheo), può essere riassunto nelle parole di uno di loro, Mario: “Prima di fare il Laboratorio, avevo difficoltà a farmi uscire le parole di bocca. Non parlavo con nessuno. Adesso potrei andare avanti per ore”.
Il Saggio che potremmo definire di fine anno, si tiene nella grande stanza adibita a Laboratorio. Addossati alle pareti sovrastate dai colorati dipinti realizzati da altri ristretti, banchetti come a scuola e sedioline. Sullo sfondo, aldilà di un finestrone, un campetto coltivato. Detenuti ed ospiti, fra i quali l’assessora comunale Silvia Miglietta, siedono a cerchio.
Il compito assegnato è di scrivere il proprio sogno su un foglietto di carta. Una volta mischiati, i sogni vengono distribuiti a caso e letti da chi li ha ricevuti. Eccome alcuni: “Studiare in una Università americana”; Avrei voluto un’infanzia felice”; “Quando esco dedicherò più tempo alla mia famiglia”; “Lasciare l’Italia”; “Nuotare in apnea con una balena”; “Una famiglia unita sino alla fine dei miei giorni”; “Nessun sogno è ancora perso”.
Il volto coperto da maschere bianche, i detenuti-attori li interpretano con i gesti del corpo. In primo piano hanno tutti le mani. Che s’alzano, s’abbassano, s’intrecciano, ruotano: alla fine, e senza seguire un comando, si chiudono tutte in un abbraccio. Ad una donna, ad un figlio, alla libertà? Sì, è così. Quando le maschere volano via ed i volti riappaiono, le parole-chiave sono: solitudine, felicità, vita.
Oltre ai sogni, il Laboratorio dell’Accademia ha mantenuto l’aderenza alla realtà. Lo testimonia il teatrino, che con quattro personaggi politici di due Paesi presi in prestito da altrettanti detenuti, Montenegro e Senegal, viene improvvisato sulla vendita del gas. Proprio come avviene con e per la guerra in Ucraina, i due Pesi non raggiungono un accordo, litigano, e si dichiarano guerra.
L’atto finale del Saggio è la scrittura creativa. Una favola creata ex novo dalle frasi concatenate, partorite dalla fantasia di chi, fra detenuti ed ospiti, riceve una carta illustrata. Un successo. Viene fuori la storia – guarda caso – di un sogno di libertà, nel quale figura anche un gatto nero che si perde in una grotta.
E’ ora di lasciare la sezione R2 dove si trova la sala-Laboratorio. Come per l’andata, il percorso è lungo e tortuoso. Cancelli che s’aprono e chiudono elettronicamente. Anonimi corridoi ingentiliti dai disegni mille colori fatti da chissà quale detenuto. Scorci d’esterno con in alto le finestrelle delle celle ed i panni stesi. Qualcuno urla qualcosa che la distanza non consente di comprendere. Aldilà dell’ultimo cancello, la certezza di aver vissuto un’esperienza giusta. Giusta soprattutto per gli aspiranti attori del supercarcere di Borgo San Nicola. Che al contrario di altri, ora potranno contare su una chance in più per affrontare la vita.
fonte: Gazzetta del Mezzogiorno